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La visita apostolica di Monsignor Verri (1757)

Monsignor Verri, Canonico Primicerio della Metropolitana di Milano, giunse a Como il giorno 4 maggio e ne ripartì il giorno 16. Il Visitatore Apostolico appena giunto risolse una questione riguardante i posti occupati dai vari Amministratori durante il consiglio d'Amministrazione che si era creata a seguito all'arrivo del procuratore dell'erede della Famiglia Gallio.

Monsignor Verri si poté poi occupare dell'ispezione della struttura del Collegio Gallio e, soprattutto, dell'esame di alcune situazioni riguardanti il rapporto tra alunni e convittori.

La sua minuziosa relazione potrebbe essere intitolata tranquillamente "Una passeggiata per il Collegio nel maggio 1757". La struttura del nostro Collegio nel 1757 appariva piuttosto diversa dall'attuale: oltre alla chiesa, si riduceva infatti alle parti che racchiudevano quello che oggi siamo soliti chiamare il primo cortile.

Tutto il terreno circostante era già comunque proprietà del Collegio. Altre differenze riguardavano alcune parti elencate qui di seguito. La stanza occupata ora dal portinaio serviva da Archivio. Il portinaio stava nell'atrio dove ora sono appesi gli orari. Alla destra della porta verso la strada vi era il locale del forno (rimasto in funzione fino all'estate del 1918), dove ogni giorno si cuoceva il pane per il Collegio. A proposito di refettori, vi era soltanto la parte adiacente il cortile e dunque nello stesso locale pranzavano Padri, Prefetti alunni e convittori. Durante tutto il tempo della refezione, momento in cui si osservava rigoroso silenzio, avveniva la lettura di qualche libro spirituale, ad opera di un alunno o di un convittore.

Il cortile dove oggigiorno trascorrono i momenti ricreativi gli allievi delle elementari risultava molto più grande di come lo si vede adesso. Vi era una vigna attraversata la quale si entrava in una conserva di ghiaccio e di neve. Una stanza grande era adibita a teatro, con tre ordini di palchi; qui durante l'ultima settimana di carnevale, i convittori erano soliti dilettarsi nella recitazione di qualche tragedia.

Secondo un'organizzazione diversa da quella attuale e più simile a quella delle odierne università, erano gli allievi a spostarsi di aula in aula e non gli insegnanti; ciascun locale era destinato all'insegnamento di una materia particolare: si insegnavano grammatica, latino, umanità, retorica, filosofia, dottrina cristiana, disegno e per chi lo voleva ballo.

Salendo il superbo scalone d'onore si raggiungeva l'appartamento vescovile. Terminata la descrizione degli edifici Monsignor Verri si accingeva a svolgere la parte più delicata del suo mandato, a rispondere cioè ai dubbi propostigli dai componenti della Sacra Congregazione di Propaganda. Tali questioni riguardavano la preoccupazione che l'introduzione del Convitto a fianco del Collegio Pontificio potesse snaturare lo spirito ecclesiastico instauratosi fino ad allora e di conseguenza pregiudicare una corretta maturazione degli alunni.

Il Visitatore Apostolico fu assai soddisfatto di poter comunicare alla Sacra Congregazione di Propaganda che: i convittori venivano educati dai Padri ad una disciplina tale da non costituire per gli alunni nessuna fonte di cattivo esempio o distrazione; inoltre i balli e le rappresentazioni teatrali erano i primi svolti in un'unica stanza lontano dall'ala degli alunni e le seconde erano messe in atto solo una volta all'anno. La creazione del Convitto consentiva ai figli delle famiglie nobili di Como di ricevere una valida istruzione e infine garantiva il finanziamento del Collegio. Nell'ultima parte della relazione Monsignor Verri consigliava l'istituzione della cattedra di Teologia Morale di riprendere l'istruzione dei chierici nel canto fermo.



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