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COLLEGIO GALLIO
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La ricostruzione del Collegio (1681-1726)

L'antica dimora degli Umiliati, che era stata adattata a uso di Collegio, venne restaurata e in parte riedificata a partire dal 1681, divenendo così un edificio più bello e grandioso. Gli Amministratori e i Padri Somaschi furono costretti a prendere una tale decisione a causa delle inondazioni del torrente Cosia e del lago.
 
Il lago non allagava direttamente l'edificio ma attraverso il sottosuolo da cui filtravano le sue acque. Le acque del Cosia invece invadevano direttamente il Collegio arrecando danni già nel 1607 nel 1646 e nel 1648 e nel 1667 a Porta Torre crollarono cento braccia del muro della città. Il Cosia poi ritornò alle sue imprese nel 1673, nel 1676, nel 1677 e nel 1681.
 
Furono certo le ultime piene accennate succedutesi a così breve distanza, che consigliarono i Deputati della Congregazione Gallia e i Padri del Collegio a provvedere perché simili disastri non dovessero colpire tanto facilmente la vigna e il caseggiato.
 
Sono andate pur troppo perdute tutte le memorie riguardanti quell'epoca; i fatti però possono essere ricostruiti grazie ad alcune scritture del secolo seguente.
 
Le strutture per gli Alunni e i Padri furono costruite a spese della Congregazione, mentre i Padri Somaschi si presero carico dell'abitazione per i Convittori, che fu ricavata aggiungendo il terzo piano, e degli abbellimenti. In particolare ci si preoccupò dei serramenti, di ornare lo scalone con affreschi, vasi e balaustre, di abbellire il cortile e di sistemare la vigna. Non dobbiamo poi dimenticare il campanile la cui costruzione risale al 1704.
 
Il Collegio secondo le intenzioni del Cardinale fondatore doveva essere "una casa di poveri", ma i tempi dopo un secolo erano cambiati: il buon gusto in arte e il desiderio dei palazzi e degli istituti insigni per la loro struttura architettonica erano venuti quasi di moda.
 
Non ci si deve stupire allora se il Collegio Pontificio Gallio seguì la tendenza allora in atto e per il rifacimento della facciata si rivolse all'architetto Agostino Silva da Morbio Inferiore presso Chiasso.
 
 
Approfondimenti artistici
Carlo Carloni e gli affreschi
Carlo Carloni è citato nelle note spese degli abbellimenti per aver dipinto lo scudo del scalone del Collegio nell'anno 1726 e poi nuovamente nel 1758. Lo storico Maurzio Monti parla di lui così:
«Dalla scuola di Giulio Quaglia uscì Carlo Carloni di Scaria. A Venezia strinse amicizia col Tiepolo, e per quattro anni studiò assiduamente il disegno. Recossi a Roma e fu ammesso all'Accademia Francese. Cominciò oltra monti coi Tedeschi la sua carriera pittorica, e tornato in patria non tolse fede alla fama che di lui si era sparsa, e venne adoperato a gara in varie città, tutti applaudendo alla diligenza e alla magia del suo colorito[...] In como lavorò nelle chiese e nei palagi dei cittadini con dipinture di fregi, medaglie e storie sacre, nelle quali non meno che nelle profane era ammaestrato. Morì d'anni 89 nel 1775.»
 
 
Quando si sale lo scalone (foto a destra) del Collegio non si può fare a meno di osservare la statua d'Ercole coperto della pelle del leone Nemeo con la sua clava.
 
All'occhio sembrerebbe di marmo ma in realtà è di legno.
 
Nella mano chiusa del braccio destro alzato egli reggeva un lampione che illuminava la scala. Se si alza lo sguardo si vede il pregiatissimo scudo del soffitto. Ercole, ricevuto nell'Olimpo, sta per essere incoronato da Giove, cui sta presso Giunone. L'invidia vorrebbe impedire la gloria dell'eroe dalle dodici fatiche, ma è messa in fuga da Mercurio.
 
Tutta questa scena mitologica non è però che un simbolo, indicante che alla fatica è serbato sempre un fulgido premio. Sulle pareti quattro medaglioni ricordano quattro delle fatiche di Ercole.
 
Le sentenze sotto i busti degli affreschi
Sono qui riportati alcune delle varie iscrizioni che si possono leggere sotto i busti dipinti nell'atrio del Collegio o sopra le porte e le finestre del primo cortile.
 
1. Hominem quero.
Cerco un uomo.(Diogene)
2. Quid malum simul et bonum? Lingua. Quale cosa è nello stesso tempo un male e un bene? La lingua. (Anacarside)
3. Quis nescit tacere nescit loqui. Chi non sa tacere non sa parlare (Pitagora).
4. Ignis aurum, amicum adversa probant.
Il fuoco prova l'oro, la avversità l'amico. (Isocrate)
5. Sapientia radix amara, sed fructus dulces. La radice del sapere è amara, ma i frutti sono dolci. (Aristotele)
6. Post cineres gloria sera venit. La gloria che ci vien tributata dopo la morte arriva troppo tardi. (Marziale)
7. Gutta cavat lapidem non vi, sed saepe cadendo. La goccia scava la pietra non con la forza, ma col cadere spesso.
8. Digna omnia risu. Tutte le cose sono degne di riso. (Democrito)
9. Digna omnia luctu.
Tutte le cose sono degne di pianto. (Eraclide)
10. Nosce te ipsum. Conosci te stesso. (Talete)
11. Unum scio me nihil scire. Una sola cosa so, di non saper nulla. (Socrate)
12. Plus audias quam loquaris. Parla poco e ascolta assai. (Zenone)
13. Honesta mors turpi vita potior.
Una morte onorata è da preferirsi ad una vita turpe. (Tacito)
14. Labor omnia vincit. La fatica vince ogni cosa. (Virgilio)
15. Neque risu sine fletu. Non c'è rosa senza spine. (Procopio)
16. Summum ju summa iniuria.
Il diritto con eccessiva severità è la più grande ingiustizia. (Cicerone)
17. Nescit vox missa reverit.
Voce dal sen fuggita più richiamar no vale. (Orazio)
18. Ne temptes quod effici non possit.
Non tentare ciò che non può essere fatto. (Quintiliano)
19. Regium est benefacere et maledicere.
È proprio dei re il beneficare e l'esser maledetti. (Antistene)
 


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